Come trasmettere le sensazioni, i sentimenti, il vissuto personale di un'esperienza così coinvolgente come un'ascensione impegnativa quale lo Sperone della Brenva?
In realtà è un quesito cui cerchiamo di dare risposta per ognuna delle nostre esperienze di montagna: è infatti lo scopo principe di queste pagine virtuali raccontare, possibilmente in modo vivido e non asettico, quello che accade all'interno di noi vivendo l'avventura di montagna.
Ma nel caso di salite di particolare impegno e in ambienti così severi il coinvolgimento emotivo è tale da rendere difficile trasmettere un'impressione di piacere nella salita...
Nella 'sindrome dell'alpinista' ci sta comunque anche il fatto di godere più delle salite fatte nel 'post' che nel 'durante'...
Quinte di
rocce vertiginose che affondano nelle pieghe di mastodontici circhi glaciali,
seraccate colossali sospese sopra le nostre teste, affilate
creste di neve disposte ordinatamente dalle mani di un gigante, il Bianco, che ci scruta, noi infinitamente piccoli, dall'alto dei suoi quasi 5.000 metri di altezza.
Sveglia
nel cuore della notte, abbandoniamo quasi con sollievo un bivacco sovraffollato (l'Alberico-Borgna al
col de la Fourche), per calarci in doppia sul fondo del ghiacciaio della Brenva. Poi quasi a tentoni, alla flebile luce delle frontali, ci si avvia come lucciole disperse in un mare di ghiaccio, verso il colle Moore...
Ancora intontiti per la sveglia antelucana si supera la crepaccia terminale e si aggira a sinistra lo sperone: ricerchiamo l'attacco, tutt'altro che evidente nel buio di una notte glaciale e dopo le nevicate di ieri, mentre forte è la tentazione di ritornare sui propri passi e placare la propria 'fame' di salite con qualcosa di più abbordabile.
Poi finalmente l'intuizione e l'avvio su per lo sperone, dapprima con affioramenti rocciosi che via via lasciano spazio a creste di neve ripida.
Giunge anche l'
alba a rendere più umano questo paesaggio surreale, rendendo ora visibile l'uscita verso l'alto, verso un cielo blu cobalto.
Ancora un impegnativo
traverso molto esposto (sopra si stagliano altissimi seracchi sospesi, sotto il vuoto più pauroso giù fino alla tormentata seraccata finale della Brenva) che conduce infine al
plateau finale, al
colle della Brenva.
Di qui una lunga camminata sui ghiacciai del Bianco fino all'Aiguille du Midi; le cime del Bianco sfilano una ad una:
Mont Maudit,
Mont Blanc du Tacul, in lontananza si stagliano i Drus, l'
Aiguille Verte, il
castello del Dente del Gigante e alle sue spalle le Grandes Jorasses, insomma tutto un repertorio di vette che suscitano i brividi solo a enumerarle...