La scelta cade sul Lyskamm, la vetta occidentale, un nome che da solo evoca avventure grandiose.
Saliamo il sabato pomeriggio sotto un
cielo che non pare proprio auspicare il sereno tanto desiderato...
Bruciamo letteralmente il sentiero di salita la
rifugio, quasi presi da una foga, una smania di ascendere alle alte quote.
E le
alte vette si disvelano lentamente ai nostri occhi avidi di ghiacci, rocce, creste affilate. Finalmente le nubi si aprono, in un gioco di vedo-non vedo quasi a solleticare il nostro appetito insaziabile di scalate.
Una notte insonne ma tranquilla e finalmente la sveglia prima dell'alba, insieme ad altre decine di alpinisti (chi è giunto fin qui da ognidove anela a calcare un 4000...) che armeggiano con ferraglia e cordame di fronte al rifugio.
Si parte su
dolci pendii, scaldando lentamente le membra e via via si cresce in pendenza, fino a una
ripida rampa che conduce al Felikjoch. Nel frattempo
albeggia e i colossi delle Alpi Occidentali emergono dall'oscurità, ostentando i loro paramenti glaciali. Anche sul versante svizzero inizia una
sfilata di cime imponenti, quasi una gara in arditezza e bellezza.
Ma è ora di pensare alla salita: mentre la gran parte delle numerose cordate prende la via del Castore (più domestica), qualche sparuto gruppo si dirige verso il più severo
versante ovest del Lyskamm.
Crestine affilate ed esposte portano al
pendio ripido (40° circa) inclinato sul grandioso
Gornergletscher. Si sale con neve delle consistenza giusta, su di una traccia ben battuta, tanto che l'esposizione sul vuoto impressionante è mitigata dalle condizioni pressoché perfette.
Ancora una fatica sulla
cresta finale e siamo ai 4.481 metri della
vetta. La vista appaga ogni fatica; ogni sofferenza fisica svanisce e prende posto l'euforia, la soddisfazione per il compimento di una salita. Si rifocillano i corpi, ma ancor più gli spiriti, cercando con lo sguardo le cime famose del Rosa: dai
giganti elvetici alle
vette del massiccio, dalle
piramidi di roccia alle
creste glaciali orlate di esili cornici.
Poi la
discesa, dove l'attenzione non può e non deve calare; l'esposizione è la dominante della parte impegnativa della salita, ed anzi è ciò che determina l'impegno di questa normale, altrimenti dal punto di vista tecnico assai facile.
Dal
Felik cala la tensione e c'è spazio per un pisolo al sole (dopo le sferzate gelide della parete ovest) prima della lunga
discesa al rifugio prima ed al colle Bettaforca poi (1800 metri di dislivello ed uno sviluppo notevole...).
Il divertimento è ancora assicurato sulla
cresta rocciosa che sorregge il rifugio Q. Sella e poi dai panorami grandiosi che si parano a destra e a manca.
Fino all'ultimo lo scenario incomparabile del
Rosa ci accompagna nel rientro a casa, per non perdere neanche un istante di questo fascino misterioso che emana dalle alte vette...