Lunedì di vancanza per Jean e Piero, e di nuovo partiamo, questa volta alla Sbarua,sempre su quel granito favoloso quanto aggressivo per le nostre mani stanche da due giorni di scalata. Questa volta abbiamo anche portato la "capretta spiatoia" di turno, ossia Vale, che prenderemo in giro più o meno dal mattino alla sera. Sempre con stima e affetto.
Giornata freddina, poi via via sempre più umida e gelida... Ma la febbre scaloira, malattia da cui tutti e tre i gadan sono affetti, scalda abbastanza gli animi da riuscire a sopportare il disagio.
Piero ha preso la direzione delle operazioni per il primo salto, e con maestria ha confermato il suo ritorno nel quinto grado a vista gestendo anche il giusto timore di ritrovarsi "con i testicoli in bocca e le tibie dietro alle orecchie".
I primi tiri placcosi ci hanno portati alla base di un bel muro ripido e "diedroso", fine della prima parte, e antipasto alla lunga risalita dei torrioni fino in cima al Freidour. Poi una veloce camminata ci ha condotti alla base della seconda via, prima placcosa, poi muschiosa, e infine crestosa. Negli ultimi tiri la nebbia ci ha avvolti dolcemente, come una fredda madre, nascondendoci l'ambiente attorno.
Siamo cosi' stati trasportati di colpo in un mondo parallelo. Alta quota, grandi vie, grande freddo... E grandi lamentele di Vale che non si decide a spendere due soldi per comprarsi un casco degno della sua testa di rapa. Bisogna dire che la via è rimasta omogenea e piacevole fino all'ultimo tiro, benché la roccia fosse a volte sgretolosa.
La scalata si concluderà totalizzando ben 12 lunghezze, prima sul Torrione Pacciani e poi sul Torrione Rubinetto. Particolarmente belli il 4° tiro de "L'isola che non c'è" e gli ultimi di "Tupac Amaru" su roccia rugosissima. Siamo infine usciti in cima infreddoliti ma felici, e il ritorno lungo un sentiero magico ha riscaldato abbastanza il cuore di Vale che non ha smesso di chiacchierare fino alla macchina... Ste donne...!!!