Le
tenebre sembrano avvolgerci, presagio di un diluvio che pare imminente. D'altra parte l'Ostanetta ha una fama poco invidiabile di montagna delle nebbie e dell'umidità. La calura della vicinissima pianura viene aspirata fin sulle pendici di queste prime barriere alpine.
Ma noi, consapevoli dei rischi di tornare a bocca asciutta dal punto di vista scaloiro ma fradici nei panni, proseguiamo imperterriti per l'ora circa di cammino che occorre per giungere al cospetto della parete.
'Vedo e non vedo', come ogni creatura femminile, lascia solo intravedere le sue virtù muliebri e poi si nasconde in un velo di vapori che si alzano dal incredibile paesaggio glaciale.
Risalita la
china di neve scolpita dalle correnti d'aria umida ci affacciamo sull'orlo di un
crepaccio... sì, proprio di crepaccia terminale si può parlare!
Ed infatti le operazioni per attaccare la via non sono proprio tipiche di scalate sotto quota 2000!
Una
linea logica che segue fessure e numerosi diedri ci regala una scalata di stile classico, divertente, mai banale, nell'ordine del V/V+. Il tutto compreso le suggestioni d'alta quota: fondali innevati, ghiacciai con crepacci aperti, pareti immani di roccia. Par d'essere sulle pareti del Bianco...
Un tiro decisamente fuori scala rispetto al resto della via è il sesto:
un tetto a zeta, molto estetico, specie
visto dal basso, quanto estremamente ostico.
Una breve raffica di grandine ed una spruzzata d'acqua condiscono la roccia in uscita dal suddetto tiro, meritando le imprecazioni dei nostri pazienti gadan.
Un sole caldo fa rapidamente breccia tra le nubi e, dopo le calate in doppia, i nostri hanno in dono
una visione celestiale: la parete dell'Ostanetta si mostra interamente, senza veli, senza pudore, in tutta la sua femminea bellezza... ;-)