TD+, max 6b (5c obbl.), svil. 150 m, 5L
Ogni autunno esplode, senza avvertire. O come un’artista compare, al momento opportuno, in modo teatrale, quando meno ce lo aspettiamo.
Vestito di colori come un’arlecchino impressionista, dipinge il ritratto della periodica morte che ogni inverno partorisce...
In montagna questa metamorfosi si esprime con più forza. In quota cade la prima neve quando piano piano il verde scompare dai rami. Il contrasto è sconvolgente, come il primo freddo che gela i baffi (o i capelli per chi li ha ancora sul cranio...).
Nevache è una valle intima, discreta ma decisamente latina, meridionale con il suo calcare a buchi e il sole che bagna le sue pietraie. E rimane comunque nordica con i larici possenti che rivestono i suoi fianchi.
Ricco dei ricordi di periodi d’abbondanza alpinistica, nutrivo da qualche tempo il desiderio di tornare li’. Volevo anche cambiare albergo, vivere altro che un materasso sconosciuto, campioni di sapone di qualità a vole dubbiosa, e sopratutto infinite ore al volante, a guardare il nero nastro d’asfalto portarmi fino ad un’altro gruppo di persone desiderose di spremere il mio povero e ricco cervello ed acquisire nuove competenze...
Ho ritrovato tanti amici in questo fine settimana. Prima di tutto il Marci, fedele Gadan, e fratello di scalate, ma anche un cielo amico, una montagna madre, un vento birichino, un freddo pungente come solo gli amici che ti conoscono intimamente sanno essere.
Alcuni passi su’ per i sentieri e le pietraie, qualche tiro un po’ atletico, piccole prese scolpite dall’acqua... Ci andava poco a farmi sorridere dentro, semplicemente, e rendere grazie al creatore per questi attimi vissuti in modo totale, e sereno...