Ci sono primavere che nascono di colpo, con la forza delle acque che cadono dalle falesie alte e scolpiscono anche le rocce più dure, rubando loro, con tanti minerali, la potenza nativa della natura cruda.
Dopo l'inverno duro che per mesi ha spento i colori dolci delle nostre valli, dopo un freddo accanito che non voleva partire, senza avvertire, senza dir niente, è tornato il sole, e si è subito incaricato del recupero dei giorni di grigiore.
Allo stesso modo, di colpo nelle nostre menti, nei nostri cuori, dopo mesi d'inverno, sbocciano d'un tratto i fiori, genzianelle dai colori ipnotici, soldanelle gracili e stilose, e i bucaneve che simbolizzano cosi' bene la forza della vita sul letargo mortale dell'inverno. Ci siamo quindi ritrovati, fedeli amici, e gadan impenitenti, per salire una via non troppo calda, possibilmente lunga, e con qualche tiro che ci faccia trovare un po' lungo...
Siamo stati serviti...
La nostra scelta è caduta sulla punta Clari', di fronte alle pendici dello
Chaberton, il cui forte fu distrutto dagli ingannevoli mortai delle truppe ammucchiate dalla 'cugina latrina' nei forti di Briançon...
Ricordando quegli anni storici di tensione, siamo risaliti nel bosco verso l'attacco litigando dovutamente sulla differenza di velocità nella risalita del bosco... Abbiamo comunque fatto pace di fronte al
nemico nevaio che minacciava l'attacco, e abbiamo iniziato la scalata, attrezzati con maschera, pinne, e canna da pesca per lottare contro i salmoni che risalivano i ruscelli d'acqua che arruginivano gli spit...
Salito il
primo tiro lungo una variante che non avrebbe rinnegato Giambattista Vinatzer, lo scalatore dalle caviglie meno rotte è ripartito sul secondo, e senza scivolare, ha raggiunto la base di un muro dall'apparenza rotta, che ci ha offerto un'arrampicata di notevole bellezza, per uscire quindi al sole su una comodissima cengia. Una placca bonaria e quindi un tiro di trasferimento ghiaioso ci hanno portati alla base dell'ultimo muro.
E qui, ci aspettavano dei
passi molto delicati, su un calcare non molto aderente, e con poche prese per le mani (a volte anche senza prese). Fu' un vero piacere ritrovare il Piero dei grandi giorni, e vederlo salire con grande efficacia quel tiro tutto in libera. Una volta uscito senza appendermi da quel tiro, mi è toccato lanciarmi sul tiro chiave, iniziando con un
diedro placcoso e fessuroso, molto estetico, ma dalla roccia scivolosissima e a volte inaffidabile, e quindi un muro strapiombante.
Salire quel muro è stato un po' avventuroso: la roccia rotta nello strapiombo, e sopratutto dentro alla fessura, salibile rigorosamente ad incastro, nei primi metri ci hanno permesso di capire 'come mai il 6a+ di questo tiro è anche dato 'azzero', e gli altri no????'
Siamo comunque usciti dal tiro senza farci male, per trovarci alla base di un
diedro dalla bellezza geometrica, 'cerise sur le gateau' di questa via particolare.
Il diedro è stato piacevolissimo, senza inganni, senza movimenti enigmatici, ultimo salto per arrivare nei pini 'uncinati' della verde vetta del pilastro appena salito.
Riuniti
in vetta, abbiamo scattato la foto prima di riprendere a litigare per l'eccessiva velocità del francese, la cui energia cinetica (metà della massa moltiplicata per la velocità elevata al quadrato, ossia 150/2 (kg) x 200 (km/h²), permette lui di passare attraverso un muro di cemento dopo circa 346,679753436876 m di discesa...
Arrivati alla macchina dopo un'epica discesa nel bosco martoriato dall'inverno, ci siamo precipitati a Cesana, fino alla prima
fontana incontrata, per far scendere il più possibilie l'ustionante temperatura dei nostri piedi sacrificati al dio sole…