Poi la natura torna a dimensioni piu' umane, forse perche' plasmata dal lavoro dell'uomo, da quei popoli ancestrali, gli
Anasazi, antichi abitatori di queste terre. Si resta impressionati di fronte agli insediamenti rupestri di questo popolo, misteriosi abitatori di villaggi sospesi in pareti di roccia, sotto alle assolate mese sommitali. Chi furono veramente questi popoli pacifici, abili agricoltori, pastori ed anche cacciatori, non e' dato saperlo con precisione. Nessuna testimonianza scritta e' giunta, solo molte testimonianze materiali, come i 'kiva', costruzioni circolari forse ad uso religioso-spirituale. Certo e' che gli attuali pueblos, della tribu' degli Hopi, o i piu' recenti abitatori di questi canyons (come al Tsegi o Canyon de Chelly), i
Navajo, conservano parecchie delle tradizioni di quel popolo antico.
E' un bagno nel passato il viaggio nelle terre Navajo, nella Navajo Nation, gelosamente custodita dai nativi, che con fatica conservano lingua, usi e tradizioni. Una cosa colpisce viaggiando nel territorio Navajo: il frequente via vai di Schoolbus. Sembra quasi che in queste immense lande desertiche, siano le scuole e i trading posts gli unici punti di contatto per la gente Navajo. E l'impressione e' confermata parlando con la ragazza navajo che ci fa da guida (al sottoscritto e ad un ragazzo giapponese) nel magnifico Antelope canyon. Ci racconta che la lingua navajo, correntemente parlata in famiglia, viene anche insegnata nelle scuole. L'Antelope Lower Canyon e' un'altro di quei gioielli preziosi che i navajo custodiscono con amore e che fanno visitare ai turisti creando un'atmosfera di poesia: suoni di piffero e racconti appassionati arricchiscono la camminata in questa strettissima gola plasmata nelle tenere rocce di sabbia da acqua e vento.
Ma tutto il southwest e' plasmato dall'acqua e dalla roccia: il Coal Mine Canyon, sperduto in una riarsa mesa dell'Arizona, e' un'altro gioiellino nato dalla furia dell'acqua, rara ma che quando si scatena nei
flash floods ha effetti terribili e meravigliosi (pur di non trovarsi in mezzo!).
E siamo giunti al re dei canyon, al piu' profondo (1600 m.), al piu' vasto (oltre 400 km di estensione in lunghezza), al piu' grandioso, non a caso il nome Grand Canyon! Si cerca continuamente di afferrarlo, con lo sguardo, con foto, panoramiche, con trails, eppure lui sfugge. Forse solo dalla luna si potrebbe averne una visione completa!
Si riprende il viaggio verso ovest, attraversando foreste (la Kaibab forest), abitate da miliardi di conifere, da branchi di cervi ed anche qualche fiera che non farebbe piacere incontrare a tu per tu (ad es. i puma). Poi il paesaggio si fa piu' arido, fino a divenire desertico. Nell'interno della California il deserto, il Mohave, e' aspro, roccioso, pare abitato solo da rettili e altri animali velenosi. Ma dopo centinaia di miglia monotone si ha nuovamente lo stupore di un ambiente ancora arido ma tutt'altro che desertico. E' il parco di Joshua Tree, un 'giardino naturale' di strani alberi, gli alberi di 'Giosue'' e di rocce granitiche che fanno venire l'acquolina a piu' d'uno scalatore (infatti ne e' pieno).
Il viaggio volge al termine... il Pacifico e' all'orizzonte, la grande city di Los Angeles alle porte... Gia' una nostalgia mi sorprende nel ripensare ai luoghi, alle persone, alle sensazioni di questo viaggio.