Quota m. 3171, F, dislivello 1949 m.
- Villanova di Bobbio Pellice m. 1223
- Monte Granero m. 3171
ISTITVTO LVCE - Cinegiornale MIIIXVII: Dal segretario generale dell’ANANAS (Associazione Nazionale
Alpinisti Non Autarchicamente Sufficienti) riceviamo il rapporto sulla recente prodezza che nuovo lustro dona
all’italico sport alpinistico: partito dalla ridente frazione di Villanova in Valle Pellice, il Nostro Segretario con rapido e
maschio passo recavasi tosto al rifugio Battaglione Alpino Monte Granero, che trovasi nei pressi dell’omonima vetta,
tacita ma indomita sentinella ai confini della Patria, pel proposito di scalarne la cima e vieppiù rimarcare il nazionale dominio sull’Alpe.
Lungo il cammino Egli incontrava un marmoreo cippo alla memoria di sventurati aeronauti americani periti
a causa dello schianto del loro velivolo nel lontano 1957: e se in un primo momento, pur nella virile tempra, il cuor si
molce al pensiero dei camerati caduti nell’adempimento del dovere, subito ad Ei sovviene che come al fante s’addice
la pianura, così all’alpino il monte, all’aviator l’aere ed al marinaio i flutti, e ben si comprende che il rio destino
degl’infelici deve ricercarsi non in un subdolo tiro del destino quanto nella spavalda sottovalutazione dei marittimid’oltreoceano dei rischi delle nostre avite cime.
Ripreso il cammino e giunto con gran sforzo profuso al desiato rifugio, Egli incocciava col primo inconveniente, non avendo i gestori consultato l’elettronica posta e quindi non avendo ricevuto la prenotazione inviata con saggio e prudente anticipo. Ivi si cade nell’italica debolezza, volendo sfruttar l’opra tecnologica senza una adeguata disciplina e diuturno controllo: ma il bravo montanaro, con la sua innata simpatia e schietta accoglienza sa tosto farsi perdonare la lieve manchevolezza, e procurato rapidamente al nostro un comodo giacilio, lo affida alle premurose braccia di Morfeo.
L’aurora mattutina saluta con uno spettacolo di colori rosati gl’impavidi montanari, ed il nostro, dopo una frugale ma sostanziosa colazione, abbandona per primo il comodo rifugio, con marziale dispregio delle torme di turisti stranieri attardati a rimpinzar i ventri ed indugiare nelle confuse salmerie.
La cima desiata s’appropinqua sempre più rapidamente e la quota cede miserrima sotto il passo vigoroso: il monte aguzzo tenta un’estrema e disperata difesa tramite una trincea di sfasciumi, ma nulla possi contro l’ardore alpinistico che con autarchica tenacia giunge finalmente alla vetta: quivi s’appalesa il simulacro della Vergine Maria, la cui funzione appare ora chiara all’esausto scalatore, ossia prevenire l’esternazione di una elaborata giaculatoria di santi, madonne e cristi che certamente, pur nella sua elaborata enunciazione, dispiacerebbe al buon caro parroco.
Ma come lenta e prudente ha dovuto essere la salita, or altrettanto ratta e impetuosa deve esser la discesa, poiché ostili schiere di nembi subitaneamente giunte minacciano la visibilità, ed ecco che rapido come un sommergibile il Nostro s’immerge temerariamente nell’infida nebbia, degna compare dei subdoli figli d’Albione. Il ritorno è allietato dalla vista di alcuni placidi ungulati alpini, che non fan mostra di alcun timore riconoscendo al proprio simile una fratellanza d’Alpe.
Ma le insidie non son certo terminate: la perfida nebbia, nascondendo le tracce, induce ad un erronea pista che mena il Nostro ignaro ad un mortale dirupo. Ben altro ci vuole per coglier in fallo l’italica tempra, che prorompe come un biblico profeta in un tonante “Vade retro!”; ed accogliendo in primo su se stesso il perentorio ordine, ecco ch’Egli torna sui propri passi fino a ritrovar la strada perduta.
Giunta è l’ora di volger mestamente i passi verso valle, verso il quotidiano consesso dei villici, volgendo un saluto fraterno ai gentili armenti ruminanti all’alpeggio. Anche il proditorio e vigliacco tradimento di un pusillanime menisco, che negli ultimi chilometri ostacola dolorosamente il Nostro, non val a fermare il virile ritorno, che empie il cor delle parole dei nostrani poeti declamanti la beltà d’ogni italica montagna, fino all’agognata magione.
A noi, Alpinisti Non Autarchicamente Sufficienti, non basti il comodo sguardo dalla pianura all’Alpe, ma ci si cimenti ognor a rinverdir le gesta degl’illustri padri, dal Sella a tutti gli altri emuli scalatori!
Nota: Nota: Il monte Granero ( m. 3171) è posto a cavallo fra l’apice della val Pellice e la valle Po, a breve distanza dal buco di Viso e dal passo delle Traversette.
Da Pinerolo imboccare la statale per la val Pellice, e proseguire sino al termine, alla frazione Villanova di Bobbio Pellice (quota 1223). Da qui c’è la possibilità, pagando un pedaggio di € 5 di proseguire fino alla conca del Prà (con limitazioni di orario), altrimenti un ampio posteggio gratuito permette di lasciare il veicolo a Villanova e proseguire a piedi (circa 1,15/1,30 h alla conca). Dalla conca del Prà (quota 1730 circa) non meno 2,5 ore di camminata panoramica vi portano al rifugio Granero (quota 2377, sito internet, ma leggono raramente la posta elettronica…), per un totale di circa 9 km lineari e 1100 m di dislivello. Il rifugio è molto accogliente, ristrutturato di recente, i gestori sono cordiali e disponibili (colazione discreta, pranzo/cena non testati), i prezzi leggermente più bassi dello standard.
Dal rifugio si dipartono due vie principali, una verso est, verso il col Manzol, che conduce al rifugio Barbara Lowrie (conosciuto come rifugio Barbara), e una verso sud, che conduce al col Sellière (F) e fa parte del tour del Monviso. Da questo secondo itinerario si diparte il sentiero verso il monte Granero, dapprima costeggiando il lago Lungo sul suo lato idrografico sinistro e poi abbandonandolo: da qui sono circa 3 ore di salita per circa 800 m di dislivello, di cui però gli ultimi 250/300 di puro sfasciume in un canalone abbastanza ripido, molto faticosi. Soltanto nelle ultime decine di metri prima della vetta si rimette piede su roccia solida. Vista molto suggestiva sul 'sire' Monviso, con in fila la “corte” delle varie punte Gastaldi, Roma, Udine e Venezia. Il giorno della salita nubi rapidamente giunte dalla val Po hanno reso necessaria una discesa veloce.
Una curiosità: salendo al rifugio si incontra un cippo posto a memoria di alcuni militari della U.S.Navy che perirono (un solo membro dell’equipaggio sopravvisse) in un incidente aereo nel luglio 1957. Il cippo reca i nomi dei caduti ed alcuni pezzi del velivolo, mentre altri relitti (una parte di motore, pezzi di un carrello) sono sparsi nei pressi.
Conclusioni: escursione lunga, noiosa, faticosa, poco alpinistica; consigliata soltanto a quelli che, come il redattore di queste note, hanno intrapreso uno specifico percorso di espiazione tramite la mortificazione fisica.