EE/F, dislivello 800 m.
- Perloz, sentiero n. 5 per Cretaz, m. 900 ca.
- Croce di Varfey, m. 1650
Placida camminata tra minuscole borgate disabitate fino a Varfey, poi impegnativa salita alla Croce di Varfey.
L'occhio punta alla montagna che sovrasta Varfey (la Croce, per l'appunto) e individua rapidamente una linea possibile di salita: un canalone ripido, ma praticabile, ed una serie di cenge che lasciano scorgere la possibilita' di superare la barra superiore della montagna.
In men che non si dica mi ritrovo aggrappato a cespugli spinosi e a fiutare le tracce di animali selvatici. Un esile sentierino conduce, con qualche passo di arrampicata su rocce ed erba, ad una crestina da cui si imbocca nuovamente un ripido canalone erboso. Le tracce di animali sono abbondanti e rassicurano sulla possibilita' di proseguire, anche se una barra di rocce marce sembra chiudere il canalone... Con un po' di malizia e molta attenzione si superano le roccette malsicure rimontando su una nuova spalla. Ancora passi di facile arrampicata ed erba ripidissima e pervengo ad un manufatto... un muretto di contenimento! Ci sara' dunque qualche sentiero, una balma, un qualcosa di umano piu' in la'...
Passi di roccia piu' sana e infine da un bel larice sospeso sul baratro si intravede finalmente la Croce!
Varfey e' laggiu' adagiata su dolci pendii.
Ora per crestina, tra neve (a nord) e roccette (a sud) guadagno la cima vera e propria, intenzionato a mettermi su comodi sentieri o per lo meno pendii piu' tranquilli...
E invece no: su tutti i lati piani scoscesi, fortunatamente boscosi, ma immersi in un mare di neve.
Lo spessore e' cospicuo, si affonda fino alla vita e procedere e' un problema. Fatta una rapida valutazione, decido di scendere sul lato est, sperando di non incorrere in salti di roccia o canaloni impraticabili. La discesa e' davvero complicata: camminare risulta pressoche' impossibile, affondando ogni tre per due e faticando assai a uscire dalla neve... L'unica possibilita' e' scivolare come sullo slittino, facendo slalom tra gli alberi! Ottima idea, ma al termine del tratto innevato, il posteriore soffre di geloni e i crampi si fanno sentire. Invece occorre mantenere altissima l'attenzione e piede fermo: si preannuncia un salto alla confluenza col vallone principale da cui e' precipitata una bella slavina. Con un po' di fiuto pongo piede alla base del nuovo canalone roccioso, ma invaso dalla slavina, che per fortuna e' costituita da neve dura. Ancora nervi all'erta, per evitare ogni pericolo inutile, a cominciare dai buchi nella neve, le rocce scivolose, i rovi e altra vegetazione spinosa. Il canalone e' interminabile, anche se ormai e' visibile la carrozzabile e laggiu' la valle e' punteggiata da rassicuranti casolari in pietra. Evitare i numerosi salti del ruscello (in cui la neve di sopra si e' ormai trasformata) richiede continuo studio del terreno, per intuire il percorso piu' sicuro. In questo mi soccorrono le generose tracce di caprini, che alla fine mi capita persino di incrociare sul mio cammino. E questi mi guardano attoniti, con la malcelata domanda: ma che ci fa qui un bipede umano?
Disarrampicate, parte su rocce, parte su erbe scivolose, parte in fitti boschetti in cui per lo meno ci si appende agli alberelli come i nostri lontani progenitori, e poi con un ultimo guado al ruscello finalmente sbiaditi segnavia pongono termine alla peregrinazione odierna.
Era ora! Tracce tra antichi terrazzamenti di boschi di castagno portano a Las e da qui alla strada... Sembra incredibile poter di nuovo camminare su terreno piano, e dopo almeno due ore di avventura e' il momento di godersi nuovamente il relax delle mulattiere tra i dolci pendii di media valle.
Chiude la giornata una breve deviazione alla borgata Chemp, minuscolo paesino di case in pietra e legno, sospeso su un aspro vallone. Le case in buona parte ristrutturate sono adornate da belle sculture di Angelo Bettoni, che costituiscono una piccola area museale a cielo aperto.