Sveglia alle 6.30, rapida colazione e via a gustare l'aria frizzante del mattino alla luce del
primo sole che dissolve le nebbie. Un comodo sentiero in lieve salita permette di contornare i possenti contrafforti rocciosi del Mont Crete Seche e di giungere nell'ameno pianoro dell'Alpe Chardoney. La
comba Vertsan ha un aspetto solitario e remoto, dove solo gli animali sembrano trovare dimora... E infatti oltre ad una incuriosita mandria di bovini gli incontri con la fauna selvatica sono tantissimi. Subito un gruppo di camosci messi in fuga dai miei passi, poi due diversi branchi di
stambecchi a
passeggio su esposte cengie rocciose.
Con fatica guadagno quota sulla dura morena che conduce ai salti di roccia sotto il ghiacciaio di Chardoney, poi qualche rado ometto aiuta a decifrare meglio il passaggio migliore (sulla sx salendo, poi a dx della cascata). Poco prima di metter piede sul ghiacciaio ecco una fugace apparizione di un simpatico animaletto saltellante, probabilmente un ermellino.
E' ora di calzare i ramponi per
un ripido pendio glaciale, poi si apre l'ampio bacino glaciale di Chardoney, sui bordi ormai detritico (ghiaccio nero). Con fatica si marcia tra detriti e ghiaccio vivo, cercando qua e la' residue chiazze di neve dove la progressione coi ramponi e' piu' agevole, fino a guadagnare
la conca sottostante il colle tra le Rayette e il Cervo. Qui una traccia mi conduce via via sempre piu' sotto la barra di roccette infide e quindi decido di abbandonarla per portarmi verso la Rayette cercando un passaggio piu' sicuro. Il
canalino (alla base trovo un chiodo piantato tra le rocce di sx) e' difficile da percorrere in queste condizioni e opto per le roccette... molto detritiche ma con una base solida. Finalmente giunto al colle salgo facilmente alla
Rayette con vista spaziale sul ghiacciaio d'Otemma e su moltissime vette a perdita d'occhio, poi volgo il piede indietro e finalmente affronto la bella crestina del
Monte Cervo, con qualche passaggio di scalata elementare su roccia molto buona. Foto a volonta' nonostante qualche nube di troppo a infastidire la visuale e poi si riparte per il ritorno, in ansia per l'incognita della via piu' sicura di discesa. Questa volta (erroneamente!) scelgo di seguire le tracce esistenti e... con orrore scopro di essere su un
ripidissimo pendio di neve e pietrame, e sotto lisce gande rocciose... Non intendo tornare indietro e provo la discesa con la cautela massima. Ogni senso e' in allerta e scendendo le insidie crescono con rocce fratturate e lastroni instabili sotto i piedi...lo sforzo e la tensione al massimo mi consentono di uscirne indenne, procurando svariate frane ma riuscendo a restare in equilibrio su questo orrendo pendio, cercando di tenere delicatamente le roccette che offrono qualche appiglio. Quando finalmente metto i ramponi sul ghiacciaio, ancora piuttosto ripido, mi sembra di essere giunto a casa!
Ma la discesa e' ancora molto lunga e non e' possibile abbassare la guardia: ancora ghiacciaio nero, poi lingua terminare ripida, canalino detritico, morena e finalmente
la ridente conca di Chardoney. Via gli scarponi per ristorare i martoriati piedi nelle fresche acque del torrente e rinfrancare un po' l'animo nel verde ameno orizzonte di Chardoney.
D'ora in poi solo piu' placidi sentieri, verdi pascoli, placidi alpeggi e freschi boschi di conifere fino alla borgata di Ruz a Bionaz.
Anche quest'avventura e' terminata, rimangono vivide le immagini delle salite e la memoria delle difficolta' superate, anche come tesoro di esperienza per il futuro.