Maggio, trovare neve a sufficienza per scivolare ancora su pendii immacolati diventa impresa impegnativa. Eppure anche a quote non elevatissime qualche vallone incastonato nell'inverso tra alti bastioni di rocce conserva ancora un po' della preziosa coltre nevosa.
Uno di questi è il vallone di Traversagn, comba laterale della diramazione di Bellino. Qui, in una giornata uggiosa, bisogna aver fede per partire caricando gli sci e indossando gli scarponi alla volta degli invisibili pianori in quota dove la neve dovrebbe esserci...
Quasi un'ora di cammino sci in spalla, o
portage che dir si voglia, e finalmente la neve si fa vedere. Ormai prossimi al piano di Traversagn, nelle nebbie in diradamento una striscia innevata sullo stradello permette di metter le pelli ed iniziare davvero la gita.
Al piano la magia della neve e dei vapori in dissolvimento creano
un'atmosfera piena di suggestione con giochi di luce e sprazzi d'azzurro da cui è possibile scorgere le rocce della Marchisa o del Pelvo d'Elva.
Spinti gli sci sulla neve cedevole e già ammorbidita dai primi raggi solari fino al termine dell'altopiano è l'ora di iniziare la vera salita su neve. Più d'una le tracce di salita, ma non certo di una folla di skialpers, per cui posso scegliere una labile traccia più a sinistra che con svariati tornanti conduce in vista dell'ampio canalone discendente dall'imponente
Rocca la Marchisa. Indugio qualche attimo prima di risolvermi a proseguire verso la meta originaria, abbandonando la tentazione di seguire la scia diretta nel suddetto canale.
Aggirata una appuntita cuspide rocciosa si entra finalmente nel canale che adduce al colle di Vers, dove combattendo la stanchezza nelle gambe risalgo ad ampie svolte fino al colle. Qui, accolto da una raffica di vento gelido dalla Val Maira, posso finalmente contemplare il
lungo solco innevato del vallone di Traversagn che si adagia a nord.
Preparativi di discesa smangiucchiando una barretta energetica e poi pronti, via, per una discesa rapida (sigh!) ma molto remunerativa, su neve in gran parte trasformata a dovere e solo in pochissimi tratti cedevole.
Le nubi aprono il sipario ed il sole finalmente si affaccia prepotente: un vero invito a far tappa al pianoro. Eletta quindi a solarium una stupenda baita in pietra, trascorro un'ora di pace ai caldi raggi solari, asciugando il materiale e le ossa, in sottofondo i fischi delle aitanti marmotte da poco uscite dal letargo.