«Ciao Nico, pare ci sia una finestra di tempo decente prima del maltempo, che dici partiamo?». Dopo una rapida confabulazione, ci organizziamo per la due giorni nell'appartato vallone di Stroppia.
Quattro ore di cammino seguendo il panoramico sentiero dello Stroppia ci conducono all'aspro vallone. Prima tappa al rifugio Stroppia, dove un paio di stambecchi giovani si lasciano avvicinare quasi senza timore. Il cammino è ancora lungo e quindi proseguiamo a capo chino con i nostri pesanti fardelli per l'eterno sentiero diretto al nostro spartano ricovero, il
bivacco Bonelli.
Ore 20 circa, siamo al bivacco, già popolato da tre ragazzi cuneesi alla loro prima esperienza in bivacco: poco da vestire, scarso equipaggiamento ma abbondanza di entusiasmo e viveri (addirittura pasta allo scoglio e tonno alla piastra
, non proprio il pasto dell'alpinista). Dopo cena i racconti di imprese montane e di viaggi conciliano il sonno che quassù a oltre 2800 m di quota non sarà dei più ristoratori.
L'alba ci accoglie con i due Chambeyron (Brec ed Aiguille) fiammeggianti di fuoco, uno spettacolo che ci rincuora e sprona ad accelerare i preparativi per la nostra impresa odierna.
E proprio di una bella impresa si tratta: l'ascensione al Brec è infatti una salita di tutto rispetto, richiedente grande impegno psicologico a causa del terreno franoso e delicato, con pochi tratti di vera roccia scalabile.
D'altra parte tutte le cime intorno appaiono come suggestivi castelli di roccia in disfacimento, con immensi conoidi pietrosi e orrendi colatoi detritici che li alimentano di continuo.
Fortuna che la normale al Brec è assai frequentata (oggi no, siamo solo noi) e ben segnalata, altrimenti il labirinto dei colatoi e delle pseudo-cengie detritiche sarebbe ancora più complesso.
Ciliegina sulla torta la famosa
placca di IV grado... Una tavola di roccia piuttosto liscia e priva di appigli che da salire con gli scarponi e senza vere protezioni, tranne un masso incastrato (che muove paurosamente), rappresenta l'ennessima prova per i nostri nervi già assai tesi. Segue un
tratto di III più domestico ma comunque impegnativo che adduce infine al plateau sommitale, vera balconata che offre una vista superba: lo sguardo viene rapito lontanissimo, verso il Monte Bianco, il Cervino ed il Rosa, ma anche il Gran Paradiso ed il Massif des Ecrins, che spiccano col candore dei ghiacciai superstiti in questo inizio d'autunno secco da far paura.
C'è ancora la discesa, a ritroso sui nostri passi, che preoccupa non poco per i temibili traversi su detriti e rocce malsicure o peggio sui colatoi orribili che precipitano più giù nel nulla...
Insomma il pericolo è in agguato da sopra e da sotto... e nessun passo falso è ammesso, per un tempo interminabile, dovuto ai lunghi traversi che evitano tratti più difficili, ma che forse potrebbero essere su roccia più sicura.
Con sollievo alla fine rimettiamo piede su terreno "solido" e ci lasciamo alle spalle quell'ambiente insidioso per intraprendere la lunghissima discesa. Non prima di un'ultima tappa al bivacco per recuperare parte del carico, bersi una tazza bollente di caffè e dare un saluto alla nostra piccola dimora della due giorni.