Dopo il digiuno prolungato si torna a sgambettare: una meta ben nota nel parco dell'Orsiera-Rocciavré che offre sempre motivi di interesse faunistico. Sul lato valsusino in svariate occasioni ebbi la possibilità di osservare animali selvatici,
cervi e
camosci soprattutto, ma anche su quello della Val Chisone non mancarono in passato opportunità di osservare la
fauna selvatica.
Oggi si parte senza l'amata cagnetta (sigh, necessario) con l'obiettivo di una caccia fotografica sul versante sud dell'Orsiera-Rocciavré, alle ripidi pendici del Monte Pelvo, dove le segnalazioni di cervidi sono numerosissime.
Il freddo pungente alla partenza si smorza via via che il sole riesce a bucare la coltre, fino ad avere una bella giornata luminosa. Intanto la prima ora trascorre nel placido camminare tra i boschi di conifere, dapprima pini silvestri, quindi larici e radi abeti, dove le tracce degli animali sono abbondatissime.
Mi sento letteralmente osservato da presenze amiche invisibili e spero vivamente che prima o poi escano allo scoperto. Infatti, ormai abbandonato il sentiero principale per l'esile traccia che dovrebbe condurre (e così sarà) all'altare preistorico di Cro' da Lairi, ecco che un movimento di zoccoli richiama la mia attenzione oltre le fronde dei larici. E' un branco di parecchie decine di cervi, messi in allerta dai miei pur minimi rumori. Trattenendo il respiro afferro la fotocamera iniziando a scattare senza posa, nel timore di perdere l'attimo.
Ma i cervi non tollerano intrusi e si mettono in cammino ordinatamente in fila indiana, ma nella direzione che intendo percorrere. Infatti più avanti, ormai al cospetto del Cro' da Lairi, eccoli, nuovamente sorpresi e pronti alla fuga, che mi osservano dall'alto: nuova raffica di foto.
Continuo il cammino sulle tracce che proprio i cervi creano nel loro peregrinare ordinato su questo immenso piano inclinato che discende dal Pelvo. Superati alcuni valloncelli ripidi con ecco la scena da Eden faunistico: svariati branchi di cervi pascolano tranquillamente, del tutto ignari della mia presenza. Brucano e ruminano le secche erbe dei pratoni del Pelvo, mentre io mi godo la scena dalla mia postazione fotografica, acquattato alla base del tronco di un pino secolare. Trascorro un'ora buona in "compagnia" dei cervi, con l'unico affanno di catturare questi momenti di grazia con qualche scatto o meglio ancora video.
Poi decido che è giunto il momento di rivelare la mia presenza e mi alzo senza più molta reticenza e torno sui miei passi per riprendere la traccia di sentiero più in basso. Eccoli allora ricompattarsi in gruppi a debita distanza, ma non così elevata da non poter trarre ancora qualche bella foto.
Ciao cervi, alla prossima.
Direzione Pequerel, quindi rientro dalla strada dell'Assietta, dove ad un certo punto un altro branco numeroso di cervi attraversa per imboccare il bosco sovrastante... sono esterefatto. Ma non è tutto. Pochi minuti ed un paio di caprioli fanno capolino a brevissima distanza (nel frattempo ho abbandonato la strada per tenermi nel bosco più sopra... in cerca di incontri
). Con i due giocherò a nascondino per un bel po', riuscendo ad avvicinarmi parecchio ed a "rubare" diversi istanti emozionanti.
Mi abbandono poi alla contemplazione mentre sbocconcello il pasto del montanaro, seduto in una radura tra i larici, in vista del Pelvo alle cui pendici intuisco ancora i branchi di cervi, mentra a poca distanza i due caprioli continuano le loro scaramucce.
Resterei qui, sul monte Thabor
, per un tempo indefinito ma le faccende di casa chiamano e tocca rientrare alla base: non mancherà di certo un'altra occasione per ritrovare i miei amici animaletti.