La Val di Susa ormai sembra un lembo di pianura devastata dalle strade, ferrovie, capannoni e brutti edifici dove il cattivo gusto e l'assenza di rispetto per l'ambiente naturale sono la norma.
Resistono però un'infinità di angoli che per incanto (o miracolo) si sono salvati dalla furia devastatrice dell'uomo. Dove alcuni uomini più saggi di altri (anche se la mente ottenebrata dei cittadini forse li reputa stolti o fuori dal mondo) hanno saputo conservare e rinnovare
borgate millenarie, salvando anche luoghi di una bellezza semplice e frugale.
Non sono montagne e valloni blasonati o dai nomi altisonanti: rio Gravio (come molti altri in zona), alpe Gagror,
Rocca Patanua... nomi che tramandano una tradizione tutta locale, autentica.
Anche i paesaggi nella loro semplicità trasmettono un senso di pace con la natura e infatti gli incontri con gli abitanti di essa è facile: un capriolo che salta un muretto di fronte ai nostri occhi increduli, uno scricciolo che vola sotto una losa, una coppia di poiane che volteggia danzando nell'aria. Questi gli abitanti della natura che hanno allietato la nostra passeggiata per
stradelli in parte sterrati.
Ma anche gli incontri con gli uomini che animano questi luoghi non sono da meno.
Un
anziano abitante dell'Alpe del Rio, nel suo dialetto valsusino dal suono già franco-provenzale, ci intrattiene con qualche massima o proverbio dell'antica sapienza popolare.
Poi un rumore a percussione attira la nostra attenzione e scopriamo un vero
artista della pietra, assorto nella lavorazione di un'altra delle sue opere. Veri
capolavori d'arte sono sparsi ovunque nella piccola borgata. La pietra umile delle case si riveste qundi di bassorilievi e sculture di gufi, civette, angeli, dando nuova vita all'
agglomerato di case ormai quasi disabitato.
La camminata prosegue fino all'
Alpe Gagror dove lo sguardo spazia sull'
alto vallone del rio Gravio. Cime innevate fanno da incomparabile scenario ad innumerevoli altre piccole borgate e malghe che punteggiano i morbidi pendii erbosi.