Un richiamo ancestrale, come bramito di cervo, mi sfruguglia per la testa e mi induce ad organizzare in quattro e quattr'otto una gita notturna nel parco dell'Orsiera. In men che non si dica uno zaino e' pronto con tutto il necessario ad un bivacco non proprio comodissimo presso la cappella di Pian dell'Orso.
Parto nel tardo pomeriggio e senza indugio atterro in Valsusa e poi, un tornante dopo l'altro, raggiungo l'amena radura dell'Alpe Fumavecchia.
Calzate le pedule, indossata l'uniforme del provetto escursionista e caricato uno zaino da esploratore mi ritrovo solo soletto a percorrere un comodo sentiero nel silenzioso bosco di conifere. Nessun segno sonoro tradisce la presenza degli animali che qui di certo hanno dimora. Numerose tracce evidenti sono pero' segni inequivocabili della loro esistenza.
Via via il sentiero si impenna risalendo faticosamente il costone boschivo fino al
magnifico pianoro di Pian dell'Orso.
Un rapido esame al minuscolo bivacco annesso alla cappella e' sufficiente a qualificarlo come "adatto": deposito sacco a pelo e parte delle masserizie, alleggerendo lo zaino in vista di un secondo round escursionistico sul far della sera.
Mi affaccio sull'altro lato del colle, sul versante del Sangone e
s'apre un mondo. Un vallone appartato e solitario, lontano anni luce dalla vicina metropoli. Suoni primordiali fanno eco in sottofondo, simili a muggiti...
Un'esile traccia s'inerpica sulla cresta di rododendri e arbusti e la vince sull'ovvio sentiero diretto al Colle del Vento.
La luce si affievolisce nel crepuscolo e scorgere la traccia sepolta nella macchia non e' sempre agevole, di certo al ritorno non passero' di qua, mi dico.
Qualche passo tra torrette rocciose e intanto il suono di muggito su fa piu' distinto: sono bramiti di cervi!
Mi acquatto per evitare di essere scorto, perche' credo di essere vicinissimo all'origine dei suoni. Alla fine il maestoso cervo si rende visibile, mentre fruga con il palco tra i rododendri e lancia grida poderose.
Giochero' a nascondino per una buona ora, cercando di risultare invisibile alle molte comparse sulla scena: due cerve al pascolo, un camoscio ignaro, un altro cervo maschio nella radura, ecc.
Giunto in vetta al monte Salancia l'orizzonte si spalanca sull'
alto vallone chiuso dalle arcigne piramidi delle cime del Parco. Ancora branchi di camosci scorazzano tra le rocce del Montone o fuggono per i ripidissimi pendii sul versante valsusino.
E' ora di affrettarsi, le tenebre stanno per calare col loro oscuro sipario e urge prendere la decisione se proseguire o ritornare al bivacco. Decido per continuare e con passo svelto colmo i circa 200 m di dislivello tra il colle Salancetta e il colle del Vento.
Un branco di cervi sfila sui crinali, mere silhouette simili ad ombre cinesi.
La scena si chiude col sibilo del vento al colle omonimo... mentre dal fondo dell'oscuro vallone di Cassafrera giungono ancora rauchi muggiti di cervi in amore.
La via del ritorno e' lunga e occorre prestare massima attenzione per non perdere la traccia. Piu' volte sono costretto a ritornare sui miei passi per verificare dov'e' il sentiero, ma dopo le rocce del Montone, ultimo segno tangibile (e ancora visibile nell'ultimo chiarore), il sentiero sembra perso irrimediabilmente. Salgo e scendo piu' volte il ripido versante di erbe scivolose, cercando di scorgere inutilmente una linea di sentiero. Alla fine mantenendo la bussola (interiore) parallela alla cresta del Salancia, con non poca fatica, mi ritrovo a ricalcare i miei passi dove mai piu' avrei pensato di trovarmi col buio.
Eppure l'esigua traccia di cresta si rivelera' salvifica e ben piu' agevole da seguire del sentiero "ufficiale".
Esausto giungo al bivacco nella piu' totale oscurita', attenuata soltanto dai bagliori provenienti dal fondo valle.
Accensione del
caminetto, ovviamente con anessa affumicatura, cena parsimoniosa e preparativi per la notte in un non comodissimo giaciglio sul nudo pavimento.
Sfuggendo alla scomoda posizione di riposo mi ritrovo a vagare sull'ameno pianoro nel cuore della notte, osservando un cielo bucherellato da un'infinita' di stelle e galassie e ad ascoltare i rumori del bosco.
La magia di una notte a quasi duemila metri di quota, in completa solitudine, eccetto gli unici legittimi abitanti di questi luoghi, a pochi chilometri dalla grande citta' e' un'esperienza che ha davvero dell'incredibile.
Pensavo non fosse possibile a due passi da casa...