D, max V, 8L
sviluppo 300 m
Già quasi dieci anni fa, avevo notato, andando a correre sui sentieri della mia infanzia, questa parete granitica, vicino alla profonda forcella che permette di passare dalla vall de Galbe alla vallée d'Orlu.
Queste perdute valli catalane non sono molto note per le loro rocce, e a prescindere dalla maestosa Dent d'Orlu (vicina ma non proprio catalana...) ed i mille e passa metri di granito che offre su due suoi versanti, non vi sono pareti censite in questa zona.
La questione era semplice, bisognava andare lì, fotografare la parete per poi valutare le possibilità di salita, trovare un compagno, tornare alla base, e salire... Riguardo allo stile, sognavo una salita in stile tradizionale, una cosa fuori moda, come del resto rimane il mio modo di andare in montagna.
Il problema permanente quando stavo sui Pirenei, era quello del compagno di cordata. Nessun cugino all'orizzonte che avesse una giornata piena per questo viaggio, e sopratutto più voglia di frequentare le vie già attrezzate. Eccomi quindi a sognare, senza poter andare lì. Avevo pure immaginato di andarci da solo... Troppe incognite, poca voglia della sfacchinata di due ore che con uno zaino pesante sarebbero presto diventate tre.
Mi serviva la compagnia giusta, un amico prezioso, e che potesse aprire con la stessa mente, alternandosi da primo con me.
Ed ecco che sono riuscito a convincere il buon Marcello, che mi ha raggiunto a Formiguères, per fare qualche scalata in falesia o altrove, e aprire sopratutto questa bella via.
Una mattina quindi siamo partiti, belli carichi in tutti i sensi, e risalendo la Vall de Galbe in direzione della Portella d'Orlu, abbiamo raggiunto la base della nostra paretina...
La linea doveva essere quella più lunga ed ovvia, abbiamo quindi alzato l'ometto dell'attacco poco a destra del grande diedro (troppo erboso), all'inizio di una placca di granito purissima, pulita, poco fessurata, molto appoggiata, ma vergine.
Sono partito per primo, ovviamente, come legittimo scopritore della parete, in una placca facile, divertente, ma poco proteggibile. 55 m dopo, a corda finita, ho trovato modo di far sosta su chiodi. Prima sosta, prima vittoria, per ora facile... sarà tutto così, o possiamo sperare qualche tiro più ginnico?
Il tiro seguente, breve non potrebbe soddisfare il Marci. Gli lascio far sosta alla base del diedro e ripartire lungo questo. Nuova sosta, nuova vittoria, prima di arrivare all'incognita del famoso diedro... E li', chissa perché, parto sulla sinistra, cercando di seguire una linea dalle difficoltà omogenee, imponendoci di uscire sulle rocce muschiose e instabili che finiscono sul pendio erboso che conduce in vetta...
Sbagliato! Marcello sale con maestria questo passaggio decisamente più difficile del resto della via, proteggendosi alla bell'e meglio, e si ferma nei rododendri.
Da lì, cerco qualche soluzione... Placca sù dritto? Diedro strapiombante a sinistra... Sembra fessurato, e ricco di prese... Salgo e non trovo fessure per proteggere... Ora mi sento vincolato alla mia scelta... Torno indietro, e insieme scegliamo di seguire una rampa erbosa verso lo sperone che conduce in vetta. Ai margini della rampa, le rocce ci permettono una discreta sicurezza, e proprio lì, lasciamo un chiodo che non manifesta la minima voglia di uscire dalla sua fessura. Unico segno rimasto sulla montagna.
Un ultimo passo di 4+ mi lascia interdetto nel pendio sommitale, in mezzo a tratti improteggibili, che risalgo 'sulle uova', aggrappandomi ad ogni ciuffo d'erba, e rimpiangendo di essere nato Homo Sapiens Sapiens, e non Rupicapra Rupicapra Pyrenaensis. Ultima sosta prima della vetta, assicuro Marcello che sale con una lentezza insolita... Starà trovando lungo?
...
Nota: ...
Poco importa, attorno a me sono cresciuti abbondanti cespugli di mirtilli, che mi impegno a svestire dalle loro palline mentre recupero il mio compagno.
E questo, senza inquietudini sulla qualità della sosta, si ferma a brucare il pendio e mangiare mirtilli pure lui...
Figuriamoci che situazione... Due scalatori aggrappati in un pendio d''erba a 60°, che mangiano mirtilli scalando...
Arrivando in cima pensiamo ad un nome divertente a questa via. Io starei sul classico, e propongo un retorico ''Diedro Franco-Italiano'' che piace poco a Marcello. Mirtillo estremo ci piace, ma il colto buontempone di compagno propone ''Via attraverso il Mirtillo''. Igor Koller non si offenda, ma noi almeno siamo sempre passati in libera!
Fatte le foto di vetta, prendiamo il sentiero del ritorno a valle, sempre così affascinati dalle forme oniriche e a volte sensuali dei pini uncinati, tipici di queste valli. Ora siamo diversi. Per la prima volta (almeno per quanto riguarda Marcello), abbiamo lasciato la nostra impronta in una parete vergine...